(B)io

Milano, giugno ‘83.
Dell’estate amo subito i colori.

Gli azzurri del cielo e i verdi dell’erba, i toni caldi del sole e quel sottile velo bianco dell’aria fresca; tutti sfuocati nell’oblio del primo pianto.

Me ne ricordo vent’anni dopo, con un’intuizione, mentre, per la prima volta, spalanco il diaframma di una macchina analogica e la luce si colora.

Il battesimo analogico, la scelta del rullino (ah, il 3200 Ilford!) e la camera oscura sviluppano in me l’abitudine alla calma e alla concentrazione nello scatto e un amore, viscerale, per il bianco e nero.

È una storia travagliata. Da una parte le sfumature di grigio e dall’altra i colori brillanti e saturi, una continua altalena poligama (e policroma).

La mia fotografia è fatta di contrasti di luce e di momenti. Frammenti di vita attraverso cui l’occhio del fotografo passa in punta di piedi, senza disturbare.